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Intervista a Luca Rubinacci – “Il sarto digitale”

QUAL È IL TUO BACKGROUND?

Io ho fatto di una passione un mestiere. Quando ero piccolo, 6, 7 anni, mio padre mi portava in laboratorio e mi diceva “divertiti” mettendomi in mezzo ai sarti. Avevo i pezzettini di tessuto che i sarti mi facevano attaccare tipo petchwork in modo tale che potessi andare a scuola con i jeans personalizzati. Questo aneddoto ti fa capire come in questo mondo io ci sia sempre stato e fino ad oggi ho cercato di carpire l’esperienza degli altri poichè questo mestiere non si insegna a scuola. Oggi mi differenzio dall’artigiano perchè non cucio, so cucire, so cucire una giacca ma non la faccio perchè fu mio padre a proibirmelo. Quando avevo 20 anni dissi a mio padre che non volevo fare l’università e lui disse “ok però te ne vai in una sartoria di Londra perchè in Italia sarai sempre il figlio di Mariano. Se vai a Londra saranno ostili ma lì apprenderai qualcosa che noi non conosciamo”. Sono andato a Savile Row. Il primo giorno da Kilgour vado con due abiti ed una giacca, tutto perfetto. La prima cosa che loro mi dicono è “mettiti qui al centro” e tutti i sarti iniziano a criticare la mia giacca; arrivo a casa incavolato, chiamo mio padre dicendo che avrei voluto far rientro a Napoli. “Luca il primo giorno hai già imparato qualcosa” e mi raccontò le differenze tra la sartoria napoletana e quella inglese. Ed io che sono una persona molto competitiva, molto orgogliosa, forse perchè sono scorpione, andai in sartoria dal capo sarto: lui 65, io 20 anni e dissi “senti la vedi questa spalla si chiama spalla a camicia e cominciai a dire le cose, cercavo di ribattere quello che avevano detto. “Guarda piccolo insolente quella scrivania in fondo era la tua però sei troppo spavaldo e ti voglio mettere vicino a me per farti capire cos’è la sartoria inglese e alla fine mi dirai se è più bravo tuo o padre o io”. Questo mio essere un po’ forte ha fatto sì che invece di stare seduto su un banco per 6 mesi sono stato 6 mesi “attaccato”al caposarto. Alla fine di questa storia tornai a Napoli e dissi a mio padre “loro fanno un lavoro eccezionale, tu anche, l’unico problema è che nessuno parla con l’altro. Chi fa la sartoria napoletana non apprezza quella inglese e viceversa” Correva l’anno 2002 quando dissi a mio padre la Rubinacci nel futuro costruirà la sartoria moderna”. E lui mi rispose “Tu farai la sartoria moderna ma non sarai tu a cucire perché devi avere i sarti che cuciono per te in modo tale da poterli istruire e avere l’occhio esterno che è il tramite tra il cliente ed il sarto”

QUAL È STATO L’OUTPUT DI QUESTE DUE FILOSOFIE?

Un sarto è come una prima donna, lui costruisce un abito sulle basi di quello che da sempre ha saputo fare. Noi abbiamo più di 46 sarti, 15 dei quali intorno ai 20/25 anni altri dai 60 in su. Pensa ad un sarto che per 60 anni ha fatto la stessa giacca napoletana, bravissimo, il più bravo. Arriva un ragazzino e gli dice “senti, invece di farmi la spalla a camicia, fammela insellata, fammela più all’inglese”. Giustamente ti guarda e ti chiede perchè. Non perché non la sappia fare ma perchè la sua mentalità è incentrata su quel modello. Io come te ho cercato di capire come cambiare questi algoritmi e perchè loro facevano questo e oggi dobbiamo fare quest’altro. Negli anni ’60, ’70, ’80 i clienti di mio padre erano napoletani, negli anni 90 lo straniero veniva da Roma o da Milano. Oggi abbiamo solo il 20% di clienti italiani, l’80 è straniero. Inevitabilmente devo dare a lui un prodotto che sia giusto per lui e non per me. La giacca napoletana non è nella tasca a barchetta, nella spalla a camicia, nella tasca applicata a pignatta o nei bottoni overlapping. Questi sono dettagli stilistici. La giacca napoletana è nella costruzione: poca spallina, poco Canvas, morbidezza e larghezza che trasformano le imperfezioni in pregi. Luca non ha perso l’integrità, mi piace però ascoltare il cliente vedere cosa desidera ed in maniera più difficile devo far si che quel qualcosa sia bello.

C’E’ STATO UN TEMPO DOVE OGNI UOMO DI BUONA FAMIGLIA AVEVA ALMENO UN ABITO SARTORIALE IN GUARDAROBA. QUEST’ABITUDINE È STATA PIAN PIANO SOSTITUITA DAL PRET A PORTER. COM’ È POSSIBILE FAR RIAVVICINARE I GIOVANI ED I MENO GIOVANI ALLA SARTORIA?

Io penso che il tempo lo stia già avvicinando di nuovo. Anni ’80 boom della moda, capi pronti, prendo e porto a casa, economici, alla portata di tutti e alla moda. Il sarto comincia a cadere ed il brand a salire. Anni 2000/2005, questi brand alzano i prezzi notevolmente quindi inizi a pagare non il prodotto ma l’etichetta. Oggi paghi solo per l’etichetta ed il prodotto non c’è più. Vedi Armani anni ’80 e Armani oggi che è quasi plastica; l’uomo non è stupido, compra un brand fino a che gli da un prodotto. Oggi siamo arrivati al collasso, i grandi brand vendendo l’etichetta ad un prezzo enorme quindi inevitabilmente c’è un ritorno alla sartoria. Il cliente dice “se devo pagare tanto per pagare, vado dal sarto e mi faccio il mio stile”. Per questo oggi, anche tu che fai giornalismo su misura, noterai che negli ultimi 10 anni i sarti sono aumentati. Anche i piccoli sarti cominciano a dire qui si può fare un business. Cerchi di pagare più per la qualità che per la quantità. Noi i giovani li cerchiamo con i mezzi a loro affini anche attraverso i social, però il social è lontano dal su misura. Mi spiego io non penso che facendo 10 video posso “acchiappare” qualche cliente, perché quel cliente rimane una nicchia. Facendo tutto questo semino, non avrò oggi i frutti ma forse tra 10 anni sì. Perchè se i follower oggi hanno trai i 15 e i 35 anni fra 10 anni questi avranno tra i 25 e i 45; non dico tutti e 170.0000 ma 10 di loro avranno un successo e quando lo raggiungeranno si ricorderanno di me. A me fa piacere che le persone si informino, potranno andare anche da un altro sarto ma avranno come riferimento quella persona che giornalmente regala un sogno. Un giorno se quel sogno lo potranno realizzare lo realizzeranno. Io ho avuto come mentore Sergio Loro Piana e Sergio mi diceva “Luca quando capiranno cosa vuol dire un abito su misura capiranno che quel prezzo è anche economico” perchè un nostro abito dura tutta una vita, perchè quell’abito potrai allargarlo, stringerlo, tutto quello che vuoi, invece che prendere un prodotto e buttarlo quando non va più o e passato di moda”

Scritto da Vincenzo Girasoli

Una vita ad immaginare e costruire un futuro che non è mai stato così chiaro e limpido. Fatto di emozioni inesauribili alla vista dei colori che questo mio Paese sa ogni giorno regalarmi. Ho viaggiato, senza mai stancarmi, per poi fermarmi dinanzi al blu del mio Mediterraneo. Lì capire che qualcosa di grande e profondo, intenso e meraviglioso, stava accadendomi; e che non mi sarei mai più fermato. Tuffandomi in quel mare sapevo che non avrei più potuto tornare indietro. Al contempo sapevo che i brividi che mi percorrevano sarebbero stati i vostri. E che insieme avremmo corso sempre più veloce verso qualcosa di puro, autentico, genuino, felice. Qualcosa che con orgoglio chiamo Idressitalian.

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