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Liquirizia Amarelli – “Pura” eccellenza di Calabria

PINA AMARELLI

Liquirizia Amarelli
Liquirizia Amarelli – Pina Amarelli

Cosa significa essere stata ambasciatrice della Calabria all’Expo? Se vogliamo ambasciatrice della buona impresa in Calabria.

Il senso dell’Expo era, più che parlare di imprese commerciali,  di parlare delle capacità del nostro Paese di rappresentare l’eccellenza, salvaguardare il made in Italy e la creatività italiana. Il genio italiano. Noi ad esempio abbiamo un prodotto che nasce in Calabria ed è il migliore del mondo. Cerchiamo di fare nostro il senso del genio e dell’arte di vivere italiano.  Di una qualità di vita altissima. Il discorso era complesso all’Expo, è stato importantissimo avere questo ruolo di ambasciatori di una cultura a 360°.

Come è cambiata la Amarelli in questi anni? 

Molto. Bisogna sempre conoscere da dove si proviene per poi dare un giudizio su quello che si è. Per chi come noi ha vissuto una serie di periodi completamente diversi cerchiamo di raccontare attraverso la storia di un prodotto quella che è stata la storia di un territorio che non è solo la storia di Amarelli. Quando si cercava di ricostruire il Paese, nel secondo dopoguerra, si era molto più attenti al risparmio, all’attenzione delle risorse (dal cibo, all’abito) è in questo periodo che l’Italia ha dimostrato la sua genialità: negli anni ‘60 si è capito che razionalizzando l’agricoltura attraverso la riforma agraria e sviluppando l’industria leggera si poteva divenire leader nella produzione di elettrodomestici, macchinari; un’industria meccanica e sostenibile.

Un’azienda come la nostra veniva sì dal 1700 fino agli anni ’40 era rimasta essenzialmente la stessa, il mercato veniva seguito più che aggredito. Quando negli anni ’60 ci si rende conto che o si chiude (come fecero in tanti) o si cambia passo, nel cambiare passo bisognava aprirsi alla tecnologia. Negli anni ’60 si decide di fare un investimento di capitale proprio, si passa all’acquisto di macchinari leggeri, sofisticati, di acciaio inossidabile, rientrano i computer: macchine Olivetti!  Negli anni 30 il padre di mio suocero morì e lasciò la proprietà agricola – la più importante – a una sorella non sposata che, quando morì, la destinò non ai nipoti – mio suocero e i suoi due fratelli, ma ai loro figli nascituri maschi, giocandosi il futuro dell’azienda. Negli anni 90, alla morte di mio suocero abbiamo dovuto interpellare il Ministero delle Finanze: settant’anni senza successioni erano tanti. Tra gli eredi vi erano mio marito e il papà di Fortunato, per cui cominciammo subito a pensare alla nuova amministrazione. All’epoca io ero avvocato a Napoli, ero assistente all’università, facevo tutt’altro. Quando l’opera di ristrutturazione era completata e si aprivano nuove frontiere del marketing da giornalista pubblicista, ho capito che gli investimenti importanti erano due: produzione e commercializzazione ma era necessaria anche la comunicazione per completare il tutto. Ci inventammo le scatolette di latta che erano state prodotte all’inizio del ‘900 e che poi non si erano più prodotte. Ho iniziato a fotografare le vecchie etichette dagli archivi. Sono proprio un po’ l’emblema del nostro successo, ne vendiamo milioni all’anno.

Cosa rappresenta per lei la Calabria?

Per me rappresenta innanzitutto una fonte di interesse. Quando sono arrivata qua nel 1969 ho trovato un paese che dire arretrato è dire poco, abituata a vivere a Napoli, ma anche Firenze, Monopoli, Bari; erano tutte città di un altro livello come atteggiamento culturale specie per quanto riguarda la figura femminile. Le donne non erano impegnate nel lavoro, uscivano per andare a fare le visite nelle case, o per andare alla Messa. In 50 anni la Calabria è veramente cambiata. Mi sono approcciata a questa realtà con molta curiosità, poiché era una realtà assolutamente nuova, incuriosita soprattutto dalla storia di famiglia. Ho fatto un po’ di ricerche e siamo arrivati ad avere un archivio che attualmente è di interesse storico-nazionale. Posso dire che ne è valsa la pena.  Il primo che arriva qui ne prende i frutti miglior. Qui ci sono solo le radici forti, ideali e metaforiche.

Nelle parole di Fortunato c’è un passaggio che mi ha colpito in particolare. Recita così: “Nelle nostre scatoline che viaggiano per il mondo c’è impresso il nome Rossano –  Calabria; questa a nostro avviso è la più bella forma di promozione turistica che si possa fare alla nostra regione”

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Grazie Fortunato, grazie Margherita e grazie signora Pina.

Vincenzo Girasoli

Scopri anche l’intervista a Pippo Callipo, “il re del tonno di calabria” cliccando qui

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Fotografia: Lucia Franco

Scritto da Vincenzo Girasoli

Una vita ad immaginare e costruire un futuro che non è mai stato così chiaro e limpido. Fatto di emozioni inesauribili alla vista dei colori che questo mio Paese sa ogni giorno regalarmi. Ho viaggiato, senza mai stancarmi, per poi fermarmi dinanzi al blu del mio Mediterraneo. Lì capire che qualcosa di grande e profondo, intenso e meraviglioso, stava accadendomi; e che non mi sarei mai più fermato. Tuffandomi in quel mare sapevo che non avrei più potuto tornare indietro. Al contempo sapevo che i brividi che mi percorrevano sarebbero stati i vostri. E che insieme avremmo corso sempre più veloce verso qualcosa di puro, autentico, genuino, felice. Qualcosa che con orgoglio chiamo Idressitalian.

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